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Il bilancio sociale di Monza
Un prodotto importante, l'inizio di un dialogo con la cittadinanza
di Giacomo Correale Santacroce


Il bilancio sociale presentato dal Comune di Monza nel luglio scorso, per iniziativa dell'assessore al Bilancio Roberto Scanagatti costituisce un importante momento di riflessione, da parte dell'amministrazione, sulla propria azione rispetto agli impegni assunti, e di coinvolgimento della cittadinanza nell'azione civica.

Non solo per Monza, ma per tutte le organizzazioni pubbliche e private che cominciano a cimentarsi con la elaborazione di un bilancio sociale, questo costituisce ancora un esperimento, destinato a subire per un po' di anni revisioni e perfezionamenti. L'amministrazione monzese dimostra di esserne del tutto consapevole, definendo il lavoro compiuto come “un ragionamento ancora completamente aperto, rispetto al quale ogni contributo e ogni critica saranno benvenuti”.

Cercando di pormi nella veste di un cittadino qualsiasi, dirò prima di tutto che ho apprezzato lo sforzo di dare organicità agli interventi del Comune nell'area denominata “Territorio” (a cui seguirà analoga azione per le altre due aree “Cittadinanza” e “Risorse”). Questo sforzo fa confluire verso la visione di una Monza “aperta, accessibile, integrata” un sistema di parametri dai quali discendono quattro indirizzi programmatici (valorizzare, ordinare, rendere attrattiva, collegare), al conseguimento dei quali puntano gli interventi operativi specifici.

Un grande valore informativo e impegnativo hanno proprio le schede relative a questi interventi, per ciascuno dei quali è indicato il costo e i tempi di realizzazione, dalla progettazione alla “consegna”. L'insieme di queste schede dimostra senza ombra di dubbio il vasto e complesso impegno dell'amministrazione per la realizzazione di una “Monza più viva” , con l'attenzione rivolta a tutti i cittadini senza distinzione, e una attenzione particolare alle aree periferiche e ai gruppi più deboli.

Ciò premesso, come immagino che il lavoro dovrebbe proseguire?

La visione.
Io credo che, prima di tutto, occorrerebbe fare altri passi nella difficile definizione di una visione della città che possa essere condivisa da una ampia maggioranza dei cittadini.
La visione è l'identità della città proiettata nel futuro, e non è certo facile immaginare e proporre una visione che integri il passato con il futuro, ciò che deve restare immutato nel tempo e ciò che può e deve cambiare.
Nell'ambito di questa visione, condivido perfettamente la definizione di “Monza come polo di aggregazione, di servizio e di sviluppo per la Brianza e Monza come parte importante del sistema metropolitano milanese” (con il che si manda finalmente in soffitta la falsa alternativa tra provincia autonoma e area metropolitana). Ma credo che sulla visione di Monza si debba ancora lavorare coraggiosamente. L'introduzione al programma del Sindaco Faglia “Viva Monza più Viva” dal titolo “La città possibile” contiene spunti importanti a questo fine, che non bisogna lasciare nel dimenticatoio, ma sviluppare ulteriormente nel dialogo con i cittadini.
Per cercare di farmi capire, faccio qualche esempio: non so se Parma abbia elaborato una visione di sé stessa. E' una città importante, dinamica e con una tradizione di piccola capitale, e quindi sicuramente con molte e complesse valenze. Ma non è un caso se è diventata la sede dell'agenzia europea per l'alimentazione, e se riesce a raccogliere sponsorship internazionali come culla della musica operistica. Credo che Monza debba trovare elementi identitari-visionari analoghi. Ad esempio, coniugando le sue radici longobardo-imperiali (magari in comune con Pavia), ben diverse dalle radici comunali di Milano e dintorni, con le sue potenzialità in settori avanzati come l'informatica, le fibre sintetiche, la chimica fine, la farmaceutica, che costituiscono una alternativa virtuosa all'involuzione in atto verso il settore immobiliare.
La visione non è un'astrazione. Sarebbe facile dimostrare con molti esempi le conseguenze concrete, positive di una visione lungimirante o negative di una visione sbagliata.
E proprio per stare sul concreto: in una visione robusta di un futuro auspicabile per Monza potrebbe starci anche l'autodromo, ragionevolmente ridimensionato rispetto al posto che oggi occupa nell'immagine stereotipa e riduttiva della nostra città , che evidentemente non può ridursi, come una Las Vegas o una Indianapolis qualsiasi, ad essere “Il tempio della formula uno”.
Per elaborare la visione, sarà anche necessario un'approfondimento più corposo della realtà socio-economica della città e dei possibili scenari, rispetto a quanto solo accennato nelle pagine 16 e 17 del documento.

I parametri.
Un parametro è una unità di misura, uno strumento per passare da valutazioni qualitative a valutazioni quantitative. Il sistema di parametri presentato dal Bilancio sociale di Monza mi sembra piuttosto una “premessa ai parametri” ancora di tipo qualitativo. Ad esempio, quali sono i parametri quantitativi corrispondenti a espressioni come “città ordinata” o “città alla mano”?
I parametri servono anche per passare da giudizi di efficienza a giudizi di efficacia. Servono cioè a dare risposta alla fondamentale domanda formulata nel documento: “Se cambia, come cambia la vita dei cittadini dopo che una nuova pista ciclabile è stata completata, una scuola ristrutturata, un ufficio comunale decentrato, una piazza illuminata?”. Infine, servono anche per rendere possibili confronti tra dati di diversi anni (cosa è cambiato?) e tra dati di diverse città o province (come si sta muovendo Monza rispetto ad altre città nella graduatoria X o Y?).
Da questo punto di vista, il Bilancio sociale offre un interessante parametro sulla “qualità della vita”, costruito con l'Unione statistica dei comuni italiani, da cui risulta un miglioramento della posizione di Monza nell'arco di un decennio, con un calo nel 2002-2003. L'unica perplessità su questo indice è il peso minimo dato all'istruzione e cultura, che non dovrebbe sottostare solo a una “indagine statistica” ma anche a criteri di ordine superiore.
In generale, io credo che per ora convenga procedere empiricamente, facendo riferimento ai parametri già disponibili, costruendo progressivamente quelli che sarebbe utile avere e cercando poi di vedere come inserirli in un sistema organico. Infatti, attualmente, questo sistema è come un puzzle di cui non solo mancano molti tasselli, ma di cui si deve ancora definire il disegno d'insieme.
Concretamente, per me è strano che un Bilancio sociale relativo all'area “Territorio” non metta subito in evidenza e sotto controllo un parametro dell'importanza del rapporto tra suolo edificato e suolo libero, parametro per il quale si dispone una serie pluriennale che denuncia un andamento drammatico per la vivibilità della città. Questo parametro dovrebbe segnare un arresto e al limite un calo, per verificare se la scelta dell'amministrazione di “preservare il suolo non urbanizzato”, di “recuperare a verde le aree anche residuali” si sta traducendo in interventi e isultati positivi o, in caso contrario, perché.
Vi sono diversi altri parametri già disponibili da evidenziare, come quello della raccolta differenziata (per il quale mi sembra che Monza sia tra le città più all'avanguardia). La costituzione della provincia consentirà poi di contare su altre misurazioni nazionali articolate per ambiti provinciali. Si potrebbe dire che questi ultimi parametri vanno al di là degli obiettivi del Bilancio sociale della città. Giusto, ma essi costituirebbero tuttavia una appendice utile per collocare il bilancio sociale cittadino in una prospettiva più ampia.
Per concludere mi sembra che, specialmente in questa fase sperimentale, il Bilancio sociale non debba porsi subito come una gabbia, ma rispondere prima di tutto alle domande specifiche e più pressanti dei cittadini monzesi.

Giacomo Correale Santacroce


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  21 agosto 2005